BELCASTRO 5 AGOSTO 2022

PRESENTAZIONE DEL TESTO   DI EMILIO GRIMALDI

“ UNA ROSA PER TERESINA”

 

Di MARILINA INTRIERI

 

Il titolo del romanzo è l’omaggio sentito ad una storia autentica, quella di Teresina: una vicenda umana dolorosamente vissuta, tragicamente consumatasi, conclusasi nel manicomio di Girifalco.

È la narrazione del percorso umano di una donna lesa nel suo diritto alla vita,  di sua figlia Iolanda privata nel suo diritto ad essere cresciuta nella sua famiglia di origine,  Mda sua madre, diritti fondamentali, oggi  riconosciuti dalle norme sovranazionali e nazionali.

Una storia amara raccontata  nel  romanzo  sobrio ed avvincente di Emilio Grimaldi, con  una sequenza puntuale di fatti e  protagonisti, che ha coinvolto  completamente quanti di noi  lo abbiamo letto.

 

Ringrazio Alcide e Gilda curatori del testo per il graditissimo  invito a questo avvenimento importante, il testo  mi ha   appassionato sin dalle prime pagine  e ho smesso di leggerlo solo quando sono  giunta all’ultima.

Un testo che inquadra lo  spaccato culturale, sociale ,le  convenzioni nei confronti delle  donne nei primi del   ‘900 che finivano  recluse nei manicomi per  forti pregiudizi nei confronti di quelle che non si conformavano alle aspettative di  uomini possessivi  e gelosi che le tenevano chiuse  in casa, escluse dalla società, donne che si ribellavano ad  uno stile di vita  secolare, specialmente   se sole e madri, poco istruite, sembra incedibile ma è cosi.

 

Alcide  ha voluto promuoverne  la presentazione qui a Belcastro,  terra  sua di nascita,  dei suoi antenati,  di sua madre Iolanda,  figlia  di  Teresina, attorno alla cui vita, si svolge   la trama.

 

Una storia che risale a quella del  bisnonno di Alcide, Cesare Gimigliano, quarto sindaco di Belcastro nel regno d’Italia nel  1867 che sposo Angela de Salazar discendente di una antica e  nobile casata spagnola giunta al seguito del re d’Aragona e inviata a Belcastro dal di Lei  padre, per gestire i beni di famiglia e si sposò con Cesare. Tra i figli  nati dal loro matrimonio, il padre di Iolanda  Eugenio che studio’ e divenne cancelliere a Cz e poi a Petilia Policastro.

 

Nell’antico  centro del crotonese Eugenio conobbe  Teresina, figlia di un piccolo proprietario terriero  nata  sul finire dell’800.

Teresina ed Eugenio iniziarono a frequentarsi e nacque Iolanda,  mamma di Alcide, si trasferiranno a CZ , Eugenio prese servizio in pretura.

Quando  Lui si ammalò gravemente, riconobbe  con  testamento   sua figlia iolanda di 8 anni nominandola erede dei suoi beni.

 

Iolanda rimase priva  bambina dell’affetto di tutti e due i suoi genitori, non solo per la morte di suo padre ma anche per l’abbandono della madre, dovra’  attendere -60 anni-   il 1979 –per scoprire  che fu  un abbandono forzato, atroce,  obbligato da altri quello di sua madre,un grave sopruso per inadeguati controlli   dei soggetti deputati e che il suo cognome era quello di suo padre  che l’aveva riconosciuta

 

Fatti  incredibilmente celati a Iolanda dai familiari del padre con i quali lei crebbe  da quando Teresina entrò in manicomio.

 

Eugenio  penso’ agli studi di Iolanda che era gia in 2 elementare a CZ  consegnando prima di morire al fratello che viveva a Belcastro una  somma importante per garantirle la  continuazione dei suoi  studi, cosa che non avvenne perche Iolanda condotta dallo zio a Belcastro,  vi rimase tutta la sua vita senza riprendere i gli studi.

 

Eugenio assunse la decisione di affidare al fratello l’istruzione di Iolanda pensando che fosse meglio per la bambina , non essendo Teresina istruita e non ce l’avrebbe fatta da sola malvista e sfruttata.

 

Eugenio in punto di morte non  sposo’  Teresina, fortemente  condizionato dalla cultura troppo borghese dell’epoca che sulla diversità di  censo vedeva muri insormontabili .

Fu una forte responsabilità che Lui si assunse  nei confronti della madre di sua figlia  e della sua stessa figlia.

Lui non si fidò , temette  che Teresina   dopo la sua morte  potesse incontrare qualcuno non adeguato – all’epoca vigeva l’autorizzazione maritale e le mogli  non erano libere di gestire autonomamente i propri beni,  penso’ quindi di tenersi stretto cio che aveva per la figlia affidandolo al fratello.

 

Questo a mio parere fu  il  punto fondamentale che segno’ definitivamente i destini  di Teresina e di Iolanda.

Se Teresina  fosse rimasta vedova di Eugenio,  di un uomo rispettabile– quindi con uno status  solido per le convenzioni del tempo  – sarebbe stata tutelata Lei  con sua figlia da quella  cultura   del  pregiudizio  verso   donne sole e madri non sposate  che potevano dare  scandalo.

 

Eppure Eugenio, uomo colto, appartenente all’amministrazione della giustizia  che in ragione del suo ufficio curava  gli atti di esecuzione per le tutele minorili di quel tempo  sapeva che     semplici segnalazioni  di familiari,  conoscenti, denunce     al pretore  su comportamenti    femminili giudicati anomali, non  sottoposti ad alcuna  potestà, prive di marito,  potevano determinare  l’ordine di un   ricovero coatto in manicomio, come successe  a  Teresina  dopo  poco  meno di un anno  dalla sua morte che  portò anche Lei alla morte in poco meno di 4 anni.

I manicomi  in quel      periodo a cavallo tra i due secoli  ( 800-900)crebbero molto di  numero in Italia  per assistere la follia , mantenere l’ordine pubblico, tutelare  la moralità, una presa in carico della pericolosità sociale,  del pubblico scandalo per condotte che rischiavano  di intaccare il patrimonio morale dello Stato.

 

Fatti questi emersi dalle  ricerche  condotte negli archivi delle strutture manicomiali italiane.

 

Una storia tragica che ha segnato il  vissuto  della figlia  Iolanda,  la mamma di Alcide, con un prima di sofferenza per l’abbandono della madre  che Lei  credette  volontario  e un  dopo, ancora piu doloroso quando scopri’     che era morta da  internata in manicomio a G.

 

Teresina  denunciata  dal portiere di un albergo, su richiesta di un uomo  che cercava notizie sulla   moralità  di Teresina  Per  il portiere-  vestiva  di nero con   abiti  troppo succinti al  punto di sprigionare idee erotiche, madre di  una figlia senza marito  ed una eredita’ appesa a un filo.

 

Il magistrato dispose   visita  medica per  Teresina e il sanitario    certifico’ che fosse  un po’ confusa disponendo altri esami da fare al  Manicomio di Girifalco.

 

Teresina  lottò con tutte le sue forze per dimostrare che stesse bene  ma non riusci a salvarsi, fu interdetta in contumacia in manicomio senza ricevere le convocazioni giudiziarie, venne nominato tutore di  Iolanda il fratello del padre.

 

Tantissime le storie come quella di Teresina che sono emerse una volta chiusi i manicomi a seguito della legge Basaglia, nel 1978, storie  di donne senza identità, senza  diritti , in   stato di minorita, costrette a subire i  privilegi maschili, donne internate per  pubblico scandalo, tante le famiglie che vennero   a sapere di  parenti internate di cui non avevano mai sentito parlare man mano che chiusero i manicomi

 

Il cammino delle trasformazioni socio-culturali che s’interruppe con  le due guerre mondiali e riprese    dopo, accelerò   negli anni 70  grazie alle  istanze libertarie del’68, delle due grandi rivoluzioni del secolo scorso   quella giovanile e quella femminile che misero in discussione l’autoritarismo nei rapporti  tra genitori e figli, tra donne e uomini   con  le rivendicazioni sui diritti delle donne.

 

Con la grande consapevolezza delle grandi battaglie cui abbiamo contribuito nelle battaglie femminili ritengo che questo testo sia da consigliare alle giovani donne, alle studentesse, nelle scuole, perche’ sia di  monito ai giovani che I diritti umani oramai acquisiti vanno coltivati e difesi giorno per giorno, che non esistono autoritarismi democratici, che  la democrazia è una e appartiene al popolo è l’unica che tutela i diritti umani.

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